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Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono un capro e intinsero la tunica nel sangue. (Genesi 37, 31)
Egli la riconobbe e disse: «E' la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l'ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». (Genesi 37, 33)
In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di Adullam, di nome Chira. (Genesi 38, 1)
Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia anche questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa del padre. (Genesi 38, 11)
Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù. (Genesi 39, 1)
Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone. (Genesi 39, 2)
Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. (Genesi 39, 4)
Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella campagna. (Genesi 39, 5)
Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto. (Genesi 39, 6)
Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Unisciti a me!». (Genesi 39, 7)
E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei. (Genesi 39, 10)
Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re. Così egli rimase là in prigione. (Genesi 39, 20)